La salvezza dal baratro che ci attende è nella rettitudine morale
Politica e attualità
10/4/2019
Perché una persona diventa obesa mangiando schifezze, perché si riempie di medicine inutili, perché butta scarpe e vestiti ancora in buono stato, perché si trova oberata di rate per un automobile di lusso, perché sta pagando il mutuo di una casa che non si può permettere? Certamente perché è stupida e non sa regolarsi. Ma coloro che attraverso varie forme di persuasione l’hanno spinta a uno stile di vita inadatto ai suoi bisogni e alle sue possibilità economiche sono delle carogne. Stupido - nel campo del consumo - è una sintesi che vuol dire ingenuo, debole, sognatore… e anche maniaco, esibizionista, ignorante… o altro del genere. Ma carogna - nel campo del consumo - vuol dire una cosa sola: carogna.
Purtroppo, nella cultura in cui i governanti ci hanno fatto crescere, spingere le persone a consumare non è abominevole e lo si ritiene utile allo sviluppo economico. E’ moralmente accettabile perché – dicono - serve ad aumentare il benessere materiale di tutti e il mantra è: più si consuma, più tutto gira. Allo studio del marketing si interessano intere facoltà universitarie. Così, l’impresa che nacque storicamente per ASSECONDARE i bisogni, marcatamente dal dopoguerra, si attribuì il diritto di MANIPOLARE i bisogni delle persone. La cosa strana è che il pensiero civile, la giurisprudenza, accettò e oggi accetta la manipolazione delle persone a scopo commerciale, ben convinta che basti solo arginarne gli eccessi mediante leggi e regolamenti.
A tal proposito mi son spesso domandato: il capitalismo occidentale, che fin dagli anni del dopoguerra ingranò la marcia del marketing e della manipolazione, poteva essere guidato in un altro modo? Si poteva avere espansione senza manipolazione? Gli imprenditori e manager di allora e di oggi sono veramente gente priva di scrupoli?
Io qui voglio provare, come si dice, a farmi una ragione del perché un capitalista diventa una carogna non solo quando corteggia il politico coi soldi in mano o quando affida i rifiuti alla mafia per discariche non autorizzate e ora quando impone il super-consumo a masse rese sempre più umanamente fragili e, dopo essersi accaparrato la collaborazione con l’intellettuale accademico, il suo carattere cinico e spregiudicato viene ammirato da tutti.
Mi chiedo anche come mai quest’ultimo – l’intellettuale accademico - non si è mai ritratto, fin dagli anni ’50, e anche oggi non si vergogna a vendere “conoscenza” finalizzata a liberare l’uomo comune dalle patologie dell’anima, a un mostro che la utilizzerà per abbindolarlo e sottometterlo a ogni forma di dipendenza “psico-commerciale”.
Quale dovrebbe essere il tipo di scelte contrarie e alternative all’implementazione del sovra-consumo, nel caso di un calo della domanda?
Io che non sono un economista, non ho difficoltà a comprendere che la crisi della domanda dovrebbe portare:
1) a PROMUOVERE i prodotti ( e non a manipolare le persone ) quando le vendite sono in calo occasionale;
2) a INNOVARE i prodotti mantenendoli nella sfera dell’utile e non del superfluo, quando lo sviluppo tecnologico lo consente;
3) a RICONVERTIRE quando il calo non è occasionale. Momenti questi in cui si deve attuare una trasformazione degli impianti, una dislocazione degli investimenti, una riduzione dei profitti accumulati e infine anche dell’occupazione.
C’è da considerare che il calo della domanda a fronte della sovrapproduzione sarebbe un segnale più che evidente della necessità di adeguare i prodotti e i loro metodi al nuovo che avanza. C’è da considerare poi che la scelta tra innovare le linee di produzione e/o investimenti accettando il rischio d’impresa oppure investire nella manipolazione dei consumatori, non sta nella “struttura del capitalismo” ma nella cultura morale e civile dei suoi proprietari e conduttori. La debolezza umana di costoro si rivela nello sforzo di ignorare o ritardare le riconversioni e le necessarie innovazioni. Oltre al marketing, alcuni di loro falliscono lo stesso per non aver riconvertito in tempo.
In questi frangenti – mi pare evidente e ripeto - non è il modello capitalistico che mostra un suo grado di rigidità intrinseco ma sono i suoi proprietari e manager a rifiutare il RISCHIO, a non assumersi e il giusto livello di responsabilità nel momento giusto.
Una fabbrica – sarda - di marmi per abitazioni ( che ho visto alla TV qualche mese fa), dopo aver avuto una buona affermazione negli anni scorsi a causa di nuovi insediamenti edilizi e quindi di clienti che chiedevano di abbellire e rifinire le proprie abitazioni col marmo, si è trovata man mano priva di domanda. Non ha riconvertito in tempo ed è finita in pieno fallimento con una caterva di debiti.
Il caso del pecorino sardo-romano dimostra che mentre la scelta più razionale sarebbe quella di limitare la produzione e quindi di riconvertire, alla fine si propone il marketing “patriottico” nella assurda convinzione di risolvere il problema dei pastori con qualche pecorino in più sul mercato internazionale del formaggio.
Il caso dell’affermazione dell’automobile in Italia di cui ho parlato nel post precedente mostra chiaramente l’impatto culturale del marketing sull’intera popolazione. Mantenere il parco circolante attraverso l’esasperazione del turn over è una scelta che ha dilazionato la ricerca e l’avvento delle innovazioni ( es. auto elettrica). Mancando tempestivi progetti di riconversione, l’innovazione è stata immolata alla parte estetica dei modelli mentre le risorse finanziarie e la potenza della linea produttiva sono state impiegate per creare un numero di nuovi veicoli che cominciano la rottamazione poco dopo essere stati venduti. Una diversa allocazione dello stesso valore, dall’auto alle infrastrutture, avrebbe potuto essere impiegata nelle strade e nei parcheggi consentendo una evoluzione più razionale del sistema auto-parcheggi-strade-urbanistica-paesaggio.
Come gruppo sociale hanno preferito una scelta per loro meno rischiosa. Hanno puntando sul turn over, e, utilizzando il marketing, hanno diffuso l’idea che l’auto è pura gioia individuale, espressione del lusso e status symbol. Se vi sembra esagerato ciò che dico, provate ad andare in un posto come Anzio e in un giorno di primavera mettetevi a osservare le auto che passano in una strada centrale. Contate quante sono quelle nuovissime e senza un granello di polvere. Contate poi quante sono quelle che sono appena un po’ meno che nuove e con qualche strato di polvere. Contate il resto. Poi fate le percentuali. Quelle che ho fatto io in un venerdì mattina sono 40% di ultranuove 40% di seminuove 20% resto.
Come ultimo esempio ho ripensato alla cosiddetta crisi dei mutui subprime negli USA. Si chiamano subprime perché furono concessi a persone impossibilitate ad accedere al normale prestito bancario perché non completamente a posto con i requisiti minimi di affidabilità. I cittadini “di serie B” furono attivati da un basso tasso di interesse definito nel 2000 -2004 dalla Fed-Res nonché da una campagna di marketing fatta proprio per spingere al massimo la vendita di questi mutui. L’obiettivo di rilanciare l’economia del settore immobiliare fu raggiunto magnificamente ma il basso tasso e l’abilità dei venditori spinsero molti cittadini a acquistare case non adatte alle loro possibilità. Non tutti ovviamente ma una minoranza significativa. Cosicché quando dopo il 2004 la Fed-REs rialzò i tassi di interesse cominciarono le sofferenze. Molte famiglie finirono sul lastrico e furono costrette a ridare la casa alla banca (e ciò non fu certamente un guaio per le banche), ma quando poi i prezzi delle case crollarono, le banche non riuscirono più a rifarsi attraverso i pignoramenti e inventarono qualche giochetto. Come tutti sanno ciò segnò l’inizio della crisi mondiale che scoppiò effettivamente tra il 2007 e il 2009.
C’è chi dice che le sofferenze iniziali non furono molte e che la vera complicazione si formò quando, dopo una intensa fase espansiva detta bolla immobiliare, i prezzi delle abitazioni crollarono, c’è chi dice che nemmeno allora ci sarebbe stata una vera crisi che cominciò con il confezionamento dei titoli tossici e chi dice ancora che nemmeno questo fu la goccia che fece traboccare il vaso perché la vera bolla scoppiò quando vi fu la caduta di fiducia tra una banca e l’altra nella compravendita dei suddetti titoli (CDS). Chi ne vuol sapere di più in modo abbastanza ben esposto può consultare il sito del sole24ore:
https://stream24.ilsole24ore.com/video/mondo/mutui-subprime-come-si-reggeva-castello-carta-e-perche-e-crollato/AEnj5arF?refresh_ce=1 in cui c’è un bellissimo videoclip e un ottima presentazione di Rosalba Reggio (13 set 2018)
Di questa faccenda complessa mi sembra utile al mio discorso stralciare la fase in cui le campagne pubblicitarie, le banche e i loro promoter agirono su una parte delicata della popolazione che venne “convinta” a comprare alloggio facendo il passo più lungo della gamba.
Questo per me è l’esempio più lampante di come la faccenda morale, intesa come rispetto delle reali possibilità di un compratore, come elemento sociale responsabilizzante l’individuo, non solo non avrebbe ostacolato la crescita del PIL immobiliare ma, evitando il costituirsi della bolla, lo avrebbe salvaguardato.
Il popolo dei proprietari e manager naturalmente non si comporta allo stesso modo e sarebbe ingiusto fare di ogni erba un fascio. Tra coloro che danneggiano il prossimo non credo però che ci sia una particolare “innata” propensione a farlo. La natura competitiva di tutto il complesso, gelosamente difesa come un pregio dai suoi teorici, rende ragione del perché il marketing manipolatorio si sia imposto su così larga scala. Di tutti gli aspetti negativi del capitalismo credo che alla fine il più strutturale e irrecuperabile, quello che già da solo dimostra che tutto il sistema debba essere superato, è proprio questa competitività che accanisce le imprese l’una contro l’altra, le persone l’una contro l’altra e spinge tutti oltre i confini della dignità.
Mi fa pensare anche al perché le imprese non pagano le tasse come dovrebbero. Perché ognuna di loro pensa che sarebbe la sola stupida impresa che, pur potendo evadere, si tratterrebbe dal farlo. Quando l’evasione prende una piega così marcata, i servizi a carico dello stato che restano, mal gestiti da funzionari spesso corrotti da lor padroni, pesano sulle spalle di chi si sveglia la mattina per andare a lavorare sotto uno di loro. E questo dell’evasione è un altro aspetto della lotta di classe che i ricchi conducono quotidianamente contro i poveri.
Ritornando alla storia.
I capitalisti americani, di fronte al profilarsi di una caduta della domanda dopo la fase espansiva del dopoguerra, anziché affrontare una fase di riconversione delle propri mezzi materiali e finanziari e innovare, anziché pensare a socializzare la produzione in modo da generare beni e servizi meglio concepiti e rispettosi delle persone, preferì manipolare. Visto lo sviluppo della radio, del cinema e dei mezzi di propaganda sperimentati durante il nazismo, gli imprenditori pensarono di investire sulla tecnologia dei mezzi di diffusione di massa, sui pubblicitari e, questi a loro volta, sugli scienziati della psicologia e della sociologia.
Gli scienziati furono pagati per spingere i prodotti verso i consumatori e loro accettarono i soldi di buon grado. Resta per me difficile da capire come costoro si lasciarono così facilmente corrompere non tanto economicamente quanto proprio “ideologicamente”.
Nel bellissimo classico di Vance Packard “I persuasori occulti” del 1957 Editore: Einaudi Anno 2015 EAN: 9788806227883 si viene a sapere che tali scienziati misero a disposizione le loro conoscenze per studiare le motivazioni del consumatore e indurlo a consumare di più il prodotto disponibile. Con grande ipocrisia sostennero che liberavano il lato oscuro del loro carattere. Uno degli ultimi capitoli del libro è dedicato al problema morale e lo riporterò qui con un più largo approccio.
Il libro
Il libro è importante proprio perché è scritto agli albori del fenomeno e lo stesso autore racconta con un certo stupore, la novità delle scienze psicologiche e sociali applicate al commercio, novità che, allora, elettrizzò tutti. Tutto sommato Packard considera la ricerca motivazionale come un frutto del capitalismo maturo dal quale bisogna solo togliere la buccia affinché possa essere digeribile moralmente. Ciò rende il suo libro molto interessante proprio perché non si annovera tra la letteratura anticapitalista in un certo modo preconcetta, ma tra quella scritta da chi ammira il capitalismo e pur preoccupato per le sorti dell’uomo comune, crede nella possibilità di aggiustarlo.
Riporto dunque qualche stralcio dal capitolo XXIII.
<< Nel 1953 un autorevole tecnico pubblicitario dichiarò che gli americani avrebbero dovuto elevare di un terzo il loro tenore di vita se volevano seguire il ritmo di sviluppo della produzione e permettere all’economia americana « di raggiungere la meta di 400 miliardi di dollari di reddito nazionale annuo nel 1958». Per trovare il modo di persuadere gli americani ad aumentare di un terzo il loro tenore di vita, la rivista “Tide” si rivolse ad «alcuni tra i più eminenti sociologi degli Stati Uniti». Il responso del professor Philip J. Allen, dell’università della Virginia, fu particolarmente interessante. Egli elaborò un piano sistematico per realizzare tale obiettivo: occorrerà, scrisse, un poderoso finanziamento per l’impiego intensivo dei mezzi di diffusione di massa, in modo che gli obiettivi desiderati siano costantemente sottoposti all'attenzione dell'uomo comune. Si potrebbe elaborare tutta una serie di nuovi valori che diffusi tra il pubblico verrebbero da esso adottati come ideali personali e collettivi. Ma soprattutto occorrerebbe concentrare lo sforzo delle massime istituzioni sociali - specie quelle a carattere educativo, ricreativo e religioso - a ottenere l’attiva collaborazione di coloro che controllano i mezzi di diffusione di massa, da un lato, e dall’altro, dei grandi fabbricanti dei beni di consumo e di servizi, i quali comprano tempo e spazio per la pubblicità dei loro prodotti… Ricorrendo a vari accorgimenti di provata efficacia si potrebbero escogitare alcuni slogan semplici e penetranti bene orchestrati e coordinati con le altre iniziative predisposte per realizzare il «piano di insieme». Tuttavia la condizione preliminare è un largo finanziamento e un vero esercito di specialisti. Preparando il suo “piano di insieme” per fare di noi dei consumatori modello, il professor Allen accettava, senza sollevare la minima riserva la premessa fondamentale per cui l’obiettivo di aumentare di un terzo il tenore di vita degli americani giustificherebbe, di per sé, qualsiasi manipolazione si renda necessaria per raggiungerlo. >>
Più avanti riprendendo sempre dallo stesso capitolo.
<< Il dr Dichter non tardò a cogliere il problema d’ordine morale implicito nella campagna per l’aumento dei consumi. Il suo periodico “Motivation” affermava nel 1956 “si tratta ora di far sì che l’americano medio si senta la coscienza tranquilla anche quando flirta, anche quando spende, anche quando non risparmia, anche quando si prende due mesi di vacanza all’anno e compra una seconda, una terza automobile. Uno dei problemi fondamentali posti da questa prosperità è dunque di far sì che il pubblico ne goda senza alcuno scrupolo o rimorso, dimostrandogli che la concezione EDONISTICA della vita non è già immorale ma al contrario moralissima. Questa sanzione che consentirà al consumatore di godersi liberamente la vita, questa dimostrazione che egli ha pienamente diritto di circondarsi di prodotti che gli rendono più ricca e lieta l’esistenza devono costituire d’ora innanzi i temi centrali di ogni campagna pubblicitaria.” In un'altra occasione il dr. Dichter osservò che il graduale distacco del pubblico dal moralismo puritano accresceva il potere di penetrazione dei tre principali movimenti di vendita: il desiderio della comodità, del lusso e del prestigio.>>
Contrariamente a ciò che qualcuno pensa la società americana non giunse all’epoca detta dell’edonismo reaganiano degli anni ’80, per una sua autonoma evoluzione, ma come ho cercato di mostrare qui vi fu preparata da governanti che mostrarono di disprezzare il proprio popolo e intellettuali che asservirono i loro metodi scientifici. L’approdo a una visione edonistica della vita creò il fenomeno dell’omologazione e della perdita della matrice storico-identitaria.
In Italia il fenomeno fu avvertito intorno agli anni ’70 e chi lo comprese meglio di tutti fu Pasolini.
Conclusione
Per oggi credo di aver aperto un argomento che mi terrà impegnato a lungo: quello del rapporto degli intellettuali con il capitalismo e più in generale dell’atteggiamento morale rispetto al capitalismo. Nel caso delle origini del consumismo, nel libro di Packard abbiamo letto di persone che, non tanto per i soldi, piuttosto forse per una curiosità infantile, fine a se stessa, non rara tra ogni tipo di scienziato, misero a disposizione dei mercanti le loro conoscenze di psicanalisi, di sociologia, di psicologia. Cosicché risultanze ottenute al puro scopo di curare gli individui e le aggregazioni umane, furono messe a disposizione dei manipolatori per sottoporre persone e masse a progetti di consumo esasperato.
Questa strana assenza morale da parte di persone che, pure, si avvalgono della libertà di pensiero per la propria professione, è per me incomprensibile e sicuramente dovrò capirla meglio.
Io penso che c’è una forte analogia coi fisici e gli scienziati che collaborarono al progetto Manhattan. Anche per loro, più che i soldi, poté la curiosità di provare la bomba su una popolazione vera, poté una insensibilità infantile verso l’umano. Alcuni di loro si spinsero a suggerire ai politici la città su cui far cadere la bomba. A fatto compiuto si cercò di aggiustare la storia dicendo che, comunque, le vittime di Hiroshima e Nagasaki avevano consentito di studiare gli effetti delle radiazioni sull’uomo.
Insomma un qualcosa di molto simile a come i nazisti cercarono di giustificare gli esperimenti sulle persone nei campi di sterminio.
Riflessione metodologica
L’ideologia del capitalismo si presenta come una ideologia della produzione di beni e servizi mediante lavoro umano acquistato sul mercato. Come tale esclude giudizi di valore morale sia sui prodotti sia sulla mercificazione del lavoro. Se non fosse per ciò che sto per dire, nella sua forma pura non sarebbe nemmeno una ideologia bensì una tecnica dell’organizzazione umana.
In effetti il valore al prodotto lo conferisce il consumatore che non solo lo giudica in base alla qualità e al prezzo ma ne consente l’esistenza stessa. Il valore del lavoro invece lo determina liberamente chi lo vende. Sotto forma prevalentemente collettiva ma anche individuale.
A questi due elementi esterni di controllo, nelle forma pura dello schema di funzionamento, si aggiunge l’autorità dello stato al quale è affidato il compito di costringere il processo di produzione a rispettare le leggi. Sul lavoro, sull’ambiente, sulla sicurezza, sulle procedure tecniche di creazione dei prodotti etc.
Il ragionamento che avevo fatto finora sul capitalismo portava a considerare obbligatoriamente il peso della corruzione. Considerata giustamente in questo schema astratto, una ANOMALIA espressa ora verso i politici ora dai politici, ora verso gli intellettuali ora dagli intellettuali stessi, gioca un ruolo essenziale perché il “sistema competitivo” nel suo complesso ha bisogno assoluto di arbitri e di regole indipendenti e imparziali.
Ma con ciò che ho raccontato oggi, con la piena padronanza dei mezzi di divulgazione, il capitalismo si è trasformato in una pericolosa ideologia che non domina più solo col danaro ma con una ben consolidata cultura.
Ora.
Sul fatto che la sfera del consumo ha perso gran parte della propria autonomia dal momento che si manipolano i bisogni che la sottendono, non mi dilungo.
Sul fatto che con stupore, non solo i funzionari o i politici ma anche il mondo delle università si sia lasciato trascinare nell’ideologia del PIL (*) ho cercato di raccontarlo in questo post in cui ho anche individuato il periodo del secondo dopoguerra come incubatore della svolta reaganiana che vedremo manifestarsi in Italia attraverso la penna di Pasolini.
(*) Credere che l’unica felicità risiede nella ricchezza e considerare secondaria la dignità della persona lavoratore o consumatore che sia.
Mi viene ora da chiedermi che cosa, ancora prima dell’ideologia del PIL (anni ’50-60) aveva preparato dentro la classe degli intellettuali e dei professori una tale incertezza morale.
Ho preso in considerazione il fatto che tra la prima e la seconda guerra si afferma il cinema come mezzo di intrattenimento e di spettacolo. Quando esce dalla fase sperimentale, lo spettacolo cinematografico diventa un prodotto industriale e l’impresario intende ricavarne il massimo profitto assecondando il pubblico. Ma il pubblico che entra nella buia sala di proiezione, si rilassa e disinibisce i propri istinti. Si capisce subito che soldi, sesso e sangue fanno spettacolo e quindi gli impresari offrono direttamente al pubblico ciò che egli desidera più che vedere, “spiare”. Forse mi sbaglio ma un qualcosa del genere trascinò ( o vi contribuì significativamente) Roma alla rovina visto che nel IV-V secolo era piena di spettacoli violenti o osceni. Frequentatissimi….specialmente dagli intellettuali di allora.
La prossima volta riprenderò il mio studio da questo tema morale, oggi più che mai convinto che il passo fuori dal baratro che l’umanità attende non possa che partire da un atto della volontà morale.
FINE
Precedenti post stesso argomento:
1) Le opinioni di Renzi 08/11/2018
2) La coscienza di classe è la chiave etc. 14/11/18
3) I tories, i laburisti e gli italiani 21/11/2018
4) Il carattere spietato del modello capitalistico etc. 29/11/18
5) La polarizzazione della sofferenza sociale 08/12/2018
6) La vasta area del mal d’essere 17/12/2018
7) La perenne gara dei cocchi 04/01/2019
8) Quali speranze rappresentano i gilet gialli? 17/01/2019
9) Lo Stato è DELIMITATO, il Capitalismo è SCONFINATO 09/02/2019
10) Fin dalle sue origini il capitalismo ha sempre pensato l’uomo come un mezzo. 04/03/19